L’UNITA’ E I PRESIDENTI: 1964 – GIUSEPPE SARAGAT – 3^ E 4^ VOTAZIONE

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L’UNITA’ E I PRESIDENTI: 1964 – GIUSEPPE SARAGAT – 3^ E 4^ VOTAZIONE

La elezione dei Presidenti della Repubblica Italiana

L’UNITÀ

ORGANO DEL PARTITO COMUNISTA ITALIANO Quotidiano / sped. abb. postale / Lire 50                           * * Anno XLI / N. 341 / venerdì 18 dicembre 1964

MARIO ALICATA Direttore
LUIGI PINTOR Condirettore
MASSIMO GHIARA Direttore responsabile

 

 


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Oggi alle 16 la quinta votazione per il Capo dello Stato
Di fronte al calo di Leone nella DC si fa strada Fanfani
Altre due votazioni nulle – Al candidato dei dorotei viene meno circa un quarto dei voti d.c. – Fanfani alla quarta votazione raccoglie anche i suffragi del PSIUP e sale a 117 voti mentre 12 vanno a Pastore – Gli altri gruppi mantengano i loro candidati – Il voto comunista a Terracini

Anche la terza e quarta votazione per la elezione del Presidente della Repubblica sono andate a vuoto. Le Camere sono state riconvocate per oggi alle ore 16 per la quinta votazione Ecco i risultati di tutte e quattro le votazioni finora avvenute (a partire dalla quarta è sufficiente la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, 482).

Per la terza votazione, svoltasi ieri mattina e terminata alle 13, era ancora necessaria la maggioranza qualificata di 642 voti; per la quarta, conclusa pochi minuti dopo le 20, era sufficiente il quorum di 482, maggioranza assoluta dei 963 aventi diritto al voto. Nessun candidato si è però, nemmeno alla lontana, avvicinato a questa cifra. Il fatto nuovo dell’ultima votazione è dato dallo aumento dei voti di Fanfani che, dai 53 voti della seconda votazione, ieri è passato al 71 voti della terza e poi ai 117 della quarta, grazie in quest’ultimo caso al concorso dei voti del PSIUP, e al recupero di alcuni voti democristiani, sottratti a Leone. Le altre posizioni sono rimaste sostanzialmente immutate dal punto di vista politico: Terracini ha avuto i voti dei comunisti, Leone quelli di una parte ancora consistente, ma in lento calo, dei democristiani. Saragat quelli dei socialisti., socialdemocratici, repubblicani; liberali e missini hanno continuato a votare rispettivamente per Martino e De Marsanich.

Nella quarta votazione, il gruppo di Pastore, che nei primi scrutini aveva preferito votare scheda bianca, ha cominciato a uscire allo scoperto. Il loro leader ha avuto quindi al quarto scrutinio 12 voti. Si tratta, per ora, di una sorta di atto di nascita di un nuovo candidato; vedremo domani che consistenza ha questa candidatura. Le schede bianche sono piano piano scese dalle 39 del primo scrutinio alle 28 dell’ultimo. Tra i voti dispersi, in progressiva diminuzione, ci sono i nomi di Pella, di Scelba, di Paolo Rossi, di Gronchi, di Merzagora; sono sparite invece le schede nulle.

La votazione è incominciata ieri mattina alle 10,20. L’impressione generale di una seduta ancora interlocutoria era confermata anche dal fatto che le tribune del pubblico e del corpo diplomatico erano semivuote. La tribuna riservata alla presidenza e al governo, dove, nelle votazioni del 1962 prendevano posto solitamente le signore Leone e Fanfani, era deserta. Le mogli dei candidati hanno preferito evidentemente seguire gli avvenimenti davanti al televisore. Un’ora e mezzo è durata anche Ieri mattina la «chiama» dei parlamentari. Tutti i leaders democristiani hanno votato al secondo appello: Rumor, Moro, Cossiga, Mattarella, erano stati evidentemente impegnati in riunioni e contatti e solo poco prima di mezzogiorno sono arrivati in aula. I loro sforzi si erano concentrati nel corso della mattinata a premere sul gruppo dc, perché aumentassero i voti per Leone: il richiamo alla disciplina non è stato però evidentemente coronato dallo sperato successo. Leone è infatti dai 319 del primo scrutinio, ai 298 del terzo e ai 290 del quarto.

Alle 12 è incominciato il terzo scrutinio: l’onorevole Bucciarelli-Ducci (anche ieri in grigio scuro con cravatta argento) ha incominciato a scandire i nomi di Leone, Saragat, Terracini. La passione del contare i voti si accentua ad ogni nuovo scrutinio. Ma molti deputati (e contemporaneamente molti giornalisti in tribuna stampa) avevano deciso ieri di tenere il calcolo solo dei voti di Fanfani come di quelli più indicativi del progredire dell’opposizione interna alla DC. Persino Salizzoni, sottosegretario alla presidenza. seduto al banco di deputato tra le onorevoli Emanuela Savio (che ieri ha avuto un voto) e Maria Badaloni segnava, su un taccuino, a furia di crocette, i voti idi Fanfani. Anche Giuliana Nenni, in azzurro turchese, circondata da un gruppo di parlamentari socialisti, teneva il conto dei voti a mano a mano che Bucciarelli-Ducci leggeva le schede che gli passava il dott. Cosentino. I risultati sono stati comunicati ufficialmente alle 13. Nel pomeriggio le operazioni di voto sono incominciate alle 18 e sono state concluse alle 20. Dalle tre ore che mercoledì furono necessarie per condurre a termine la votazione, siamo passati quindi a due ore e mezzo nella mattina di ieri e a due ore soltanto nell’ultimo scrutinio.

Lo scrutinio della mattina si è concluso sul nome dell’on. Saragat. L’unica novità della votazione pomeridiana è stata data dalla presenza in aula del ministro degli Esteri reduce da Parigi. L’on. Saragat era arrivato a Roma alle due del pomeriggio insieme con Andreotti e si era subito incontrato con i dirigenti del suo partito, con esponenti socialisti e repubblicani. Dalla riunione era sortita la decisione di continuare a votare il suo nome, come è avvenuto. Saragat, infatti, ha ottenuto al quarto scrutinio un voto di più di quelli che aveva al terzo. I risultati della serata sono stati accolti da un intensificarsi dei commenti in aula e nel «transatlantico».

Oggi la seduta è convocata per le ore 16. È probabile che si avranno almeno due votazioni. La mattinata sarà occupata in riunioni e contatti tra i vari gruppi.


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Seconda giornata
NON SOLO la terza votazione per l’elezione del Capo dello Stato ma anche la quarta – particolarmente importante perché inaugura le votazioni a maggioranza di 482 voti – hanno confermato i dati fondamentali della battaglia.
Primo di questi dati, ed evidentissimo, è la progressiva squalifica della candidatura dell’on. Leone, ossia della candidatura ufficiale e di «sfida » del gruppo «doroteo» della DC. Una candidatura che perde quota ad ogni votazione, che non trova consenso ma crescente discredito nel gruppo stesso dei parlamentari democristiani e con la quale neppure le destre – pur pronte a scattare in soccorso della DC – osano compromettersi. Ormai una tale candidatura (o le altre analoghe di ricambio che i «dorotei» hanno in serbo) è solo sinonimo di prepotenza, espressione di una linea da battere: le quattro votazioni non sono state davvero inutili, se hanno reso plasticamente evidente questo dato.
ALTRI tre dati fanno poi spicco: l’insistenza del «centro-sinistra» laico sul nome di Saragat ; la graduale avanzata della candidatura di Fanfani come unico punto d’incontro, almeno finora, dei cattolici restii alla candidatura Leone (il resto son schede bianche o voti dispersi) ed anche di altre forze democratiche; il blocco determinante dei voti comunisti, che da tutti richiede una scelta politica.
La candidatura Saragat non è salita neppure nella quarta votazione. Essa, infatti, fino a questo momento, non è stata collegata a una chiara iniziativa politica e a un obbiettivo di larga unità democratica, e non sembra neppure accompagnata a una qualche volontà di dar vita a uno schieramento e a una linea capace di battere il gruppo dirigente della DC e di uscire da schemi di ispirazione governativa. Di conseguenza, non diventa punto di attrazione neppure per le sinistre cattoliche e non riesce ad aprire un fecondo dialogo capace di portare a un risultato vittorioso.
Un iniziale risultato in questa direzione è stato invece ottenuto dalla candidatura spontanea di Fanfani, sia per l’attrazione esercitata all’interno delle correnti democristiane (un’attrazione che l’on. le Pastore non ha invece finora esercitato, mantenendosi intenzionalmente nell’ombra o nella «ufficialità»), sia per avere ottenuto nella quarta votazione altri voti esterni, evidentemente attribuibili al PSIUP e al proposito di questo settore della sinistra di favorire soluzioni alternative alla prepotenza «dorotea».
A QUESTO PUNTO, per quanto molte incertezze permangano e diversi ostacoli restino da superare per giungere a una conclusione democratica della battaglia, appare con più chiarezza che mai in quale direzione questa conclusione vada ricercata e da quali forze: una maggioranza che isoli totalmente la destra e batta la prepotenza dorotea è infatti già individuabile sulla carta, ove la si ricerchi – almeno come nucleo di un possibile schieramento ancora più vasto – nell’arco di forze che passa per il blocco dei voti comunisti, per lo schieramento di centro-sinistra laico, per lo schieramento cattolico non «doroteo» e non ufficiale che ha preso corpo.
Le scelte nominative possono ancora essere diverse, purché sia reso chiaro il senso politico della scelta e dello schieramento capace di imporla, in aderenza alla maggioranza democratica e alla volontà democratica che esistono nel paese e che l’equilibrio delle forze parlamentari sta del resto riflettendo, in misura tale da sconsigliare ogni ripiegamento e ogni deteriore compromesso che ricomponga il fronte democristiano «doroteo » o «moroteo».
l. pi.

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ln quarta votazione si è spostato il PSIUP
Una reprimenda dc ai parlamentari «dissidenti» – Un incontro fra delegazioni del PCI e del PSI – Voci di ritiro della candidatura Leone – Statica la posizione di Saragat, ancora rifiutato dalla DC
La terza e la quarta votazione di ieri hanno continuato a registrare l’andamento di fondo della prima giornata. Leone è continuato a decrescere, Fanfani ad aumentare, mentre la posizione di Saragat è rimasta statica. La variazione più interessante si è avuta in quarta votazione (la prima a maggioranza assoluta con un quorum di 482). Nel corso di essa i parlamentari del PSIUP hanno lasciato cadere la loro candidatura di partito, riversando i voti su Fanfani. Il gruppo parlamentare del PCI, anche nella prima votazione a maggioranza assoluta, ha continuato a votare per il proprio candidato, Umberto Terracini.
La cronaca della giornata di ieri ha veduto una serie di incontri e riunioni, sia di gruppo che fra i partiti. Dopo la terza votazione una delegazione del PCI, composta da Longo, Ingrao e Terracini, si è incontrata con una delegazione del PSI, composta da De Martino, Brodolini, Tolloy e Ferri. Nella mattinata il gruppo del PCI si era riunito, esaminando le prospettive della situazione e decidendo di continuare a votare per il proprio candidato. Nella serata la direzione del PCI si riuniva a Montecitorio, insieme con le Presidenze dei gruppi parlamentari, proseguendo nell’esame della situazione.
Nel settore democristiano, la linea di sostegno a Leone anche ieri è stata portata avanti dai dirigenti dc malgrado la erosione subita dal candidato ufficiale, che tra la prima e la quarta votazione ha mostrato tutta la sua debolezza perdendo voti.
Nella mattinata, dopo avere raccolto le rimostranze di Leone per la divisione creatasi nel gruppo democristiano al momento del voto, Rumor Zaccagnini e Gava inviavano a tutti i parlamentari dc una severa reprimenda, con una lettera circolare, prima della terza votazione. La lettera parla di «intollerabili casi di dissidenza che hanno incrinato la compattezza dei gruppi nel voto sul candidato designato con regolare procedimento perciò vincolante«. La lettera richiamava i parlamentari al rigoroso senso di responsabilità personale, alla doverosa disciplina, perché non si verifichino atti così gravemente lesivi della unità dei nostri gruppi, della dignità del nostro partito che, se sono sempre insopportabili, lo sono in particolare in un impegno di altissimo valore politico. La reprimenda, distribuita prima della terza votazione non sortiva però effetto. Il nome di Fanfani, che aveva riscosso 53 voti, ne riscuoteva 71, per passare poi, in quarta votazione a 117, dei quali 82 certamente d.c. Al tempo stesso il nome di Leone continuava a declinare fatalmente, mentre (in quarta votazione) dodici schede delle bianche o disperse si trasformavano in un voto indicativo per Pastore. Emergeva cosi, con chiarezza, che il richiamo doroteo alla disciplina aveva avuto soltanto l’effetto di dimostrare la notevole confusione e divisione esistente nel gruppo dc, che continua a negare al candidato ufficiale ormai circa un quarto dei suoi voti.
Ieri si avevano in abbondanza i sintomi del disagio interno della DC, che ancora non è riuscita ad esprimere una sua prospettiva capace di rimediare alla sterile impostazione «moderata». Portavoce più o meno ufficiosi parlavano di mezze promesse rilasciate dai dirigenti dc ad alcuni capicorrente, che in caso di esito «calante» di Leone anche in IV votazione essi avrebbero provveduto a sostituirlo, convocando il gruppo. Tornavano cosi, ancora, a prendere piede i nomi, già circolati nei giorni scorsi, di Piccioni, Taviani, Zaccagnini, Bucciarelli-Ducci e Merzagora. La direzione dc, che avrebbe dovuto riunirsi ieri sera, non è stata invece convocata. Stamane, alle 8.30, si riuniranno i direttivi dc. Per discutere la situazione, ieri sera sono rimasti riuniti a lungo i socialisti, direzione e direttivi.
La ostinazione democristiana nel tenere fermo su un candidato sempre meno accreditato, potrà avere oggi come riflesso anche l’ipotesi di una sua ulteriore caratterizzazione a destra. Ieri nel PLI e nel MSI si è a lungo discussa la questione se dare o no un rinforzo a Leone. La tesi di Malagodi, favorevole a votare Leone, non è prevalsa. Nel settore della destra, in sostanza, non si sono verificati spostamenti e nuove scelte, essendo anche i missini rimasti fermi su De Marsanich e i monarchici (tranne due) sulla posizione di astensione.
Anche nel settore del PSI, PRI e PSDI, non sono venute a maturazione decisioni particolati idonee a sbloccare politicamente la situazione. Di conseguenza anche ieri la posizione di Saragat è rimasta statica, aumentando solo di un voto, quello dello stesso Saragat rientrato da Parigi in tempo per votare nella quarta seduta.

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La seconda giornata in attesa della «fumata bianca»
La «letteraccia» ai «dissidenti» dc – Colombo ha chiesto al MSI un voto «tattico» per Fanfani allo scopo di comprometterlo – Scontro La Malfa-Bertinelli – Agitazione dc per il «calo» di Leone
Furibondi i dorotei per la fortuna sempre più calante del candidato ufficiale della DC, Leone. Nella mattinata, si è appreso, era arrivata a tutti i parlamentari dc. una lettera minacciosissima che ingiungeva di votare compattamente per il candidato designato con una libera votazione dai gruppi. La lettera però non ha avuto effetti di rilievo. Leone era a quota 319 inizialmente, è passato a quota 304 ieri l’altro sera, poi a quota 298 ieri mattina, infine a quota 290 nel quarto scrutinio.
La «letteraccia», scritta da Gava e da Zaccagnini ai parlamentari, evidentemente non ha spaventato nessuno. Ed era logico prevederlo. Quando – all’epoca della elezione di Gronchi – si delinearono i primi «franchi tiratori» dc. che cominciarono a non votare più per il candidato ufficiale Merzagora, si riunì addirittura la direzione del partito di maggioranza per approvare una dichiarazione di biasimo dei «traditori» e per invitare il partito all’unità. Da una dichiarazione della direzione ad una lettera di critica ce ne corre. Proprio per questo motivo Colombo, seguito dai dorotei antifanfaniani più oltranzisti, si è infuriato. «Siete dei vigliacchi, siamo i più forti e dobbiamo vincere», avrebbe detto ieri l’altro notte, lasciando la riunione di gruppo cui partecipava, il ministro del Tesoro.
In realtà la DC appare imbarazzata e spaventata. L’insistenza su Leone appare solo come il frutto dell’incapacità di Rumor di prendere una decisione, una decisione che oramai anche la massa dei parlamentari dc. sente urgente. Su Fanfani intanto sono confluiti, nel quarto scrutinio, i voti del PSIUP: è stata cosi impedita – si dice nei corridoi – la manovra dei missini che volevano votare Fanfani al solo scopo di bruciarlo a sinistra Pare che lo stesso Colombo sia intervenuto (attraverso il normale «canale» che serve per dare gli ordini ai fascisti, e cioè il presidente della Confindustria, Cicogna) per convincere gli uomini di Michelini a dare il voto «tattico» a Fanfani. Comunque la manovra è saltata.
Tutta l’attenzione è concentrata sul voto comunista. I comunisti hanno continuato a votare anche al quarto scrutinio per il compagno Terracini. La linea del PCI è stata ed è rimasta chiarissima: respingere le manovre di corridoio, tenere pronti e compatti i voti comunisti per un candidato capace di esprimere la volontà di una larga maggioranza democratica del Parlamento, battendo ogni candidato moderato o di stretta osservanza governativa.
Ieri il «transatlantico» era un po’ meno in blu di ieri l’altro: evidentemente molti deputati, superato l’imbarazzo e l’euforia della giornata inaugurale, hanno deciso di passare ad abiti più comodi e funzionali. Anche nel settore dello schieramento «laico», arroccato intorno a Saragat, si nota imbarazzo e incertezza. Ieri La Malfa accusava Bertinelli – e non se ne è saputo il motivo – di doppio gioco: il suo tono era molto irritato. Più tardi La Malfa ha acuto un lungo colloquio con Saragat.
Si torna a votare oggi alle 16. Non si sa però se sarà la volta buona. I fanfaniani insistono nel sottolineare la continua crescita (da 18 a 53, a 71 fino a 82 – esclusi quelli del PSIUP – dell’ultimo scrutinio) del loro candidato. Gli amici di Pastore però fanno notare che ormai è «nato» un terzo candidato dc.: Pastore appunto, con 12 voti.
u.b.