L’UNITA’ E I PRESIDENTI: 1948 – LUIGI EINAUDI – parte prima

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L’UNITA’ E I PRESIDENTI: 1948 – LUIGI EINAUDI – parte prima

L’elezione dei Presidenti della Repubblica Italiana sull’organo del Partito Comunista Italiano

Martedì 10 Maggio 1948 – Anno XXV (Nuova Serie)      N. 110 – Una copia L. 15 – Arretrata L. 18

Si delinea il crollo della candidatura Sforza

Opposizione di tutti i settori del Parlamento al Presidente di parte voluto da De Gasperi

Solo i democristiani e Pacciardi non si associano all’omaggio dell’Assemblea a De Nicola – Anche al secondo scrutinio Sforza rimane a soli 405 voti – Una proposta di Saragat

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L’editoriale

L’on. De Gasperi intende avere ad ogni costo – almeno fino a questo momento – un presidente assolutamente ligio ai suoi voleri, cioè a quelli del Vaticano e del governo nord americano.

L’on. De Gasperi non ha esitato a dirlo apertamente in colloqui con uomini politici e nelle riunioni dei gruppi parlamentari d.c. Ha affermato in un colloquio con uno dei suoi ministri che gli occorre un uomo senza scrupoli costituzionali, senza esitazioni, pronto a firmare il decreto di Stato d’assedio quando sembrerà a lui necessario, cioè quando il governo nord-americano decidesse di richiedere ai governi vassalli dell’europa occidentale lo scioglimento dei partiti di sinistra, la soppressione delle libertà democratiche, la marcia verso la guerra.

Di fronte alla defezione di una parte notevole dei parlamentari democristiani, l’on. De Gasperi è ricorso alle minacce e li ha richiamati a considerare la gravità della situazione, la quale – secondo lui – è grave perché la d.c. non riesce a spezzare le resistenze che da ogni parte sono oggi opposte al totalitarismo nero, alla fame democristiana di ogni potere.

L’on. De Gasperi, che tanto parla di democrazia, non rispetta le norme parlamentari più ovvie. Ha respinto ogni colloquio, ogni discussione con i rappresentanti dell’opposizione ed anche dei gruppi parlamentari amici. Già nei giorni scorsi l’on. Croce aveva dichiarato di meravigliarsi perché mentre l’on. De Gasperi aveva consultato lui e gli altri capi dei gruppi parlamentari in tutte le altre occasioni importanti, questa volta ciò non era avvenuto. Ieri sera un quotidiano dava notizie di un incontro che sarebbe avvenuto fra gli on.li Croce e De Gasperi, nel quale questi avrebbe respinto qualsiasi prospettiva di accordi ed avrebbe brutalmente dichiarato di volere un presidente della repubblica a sua completa disposizione.

Questi sarebbe l’on. Sforza, di cui basterà ricordare che è stato definito “vecchio scemo” e “mancatore di parola” da ministri inglesi, che non ha smentito mai smentito l’accusa stampata e diffusa di essere stato stipendiato dal governo nord americano; Sforza contro il quale principalmente fu rivolta l’invettiva di “cupidigia di servilismo” lanciata dall’on. Orlando alla Costituente.

L’on. Sforza al primo ed al secondo scrutinio è rimasto ben lontano dai due terzi dei voti necessari per essere eletto; né a primo né il secondo scrutinio è riuscito ad avere la maggioranza assoluta dei votanti. Ha avuto contro tutti gli eletti del Fronte, i saragattiani, i liberali, gli indipendenti, un centinaio di democristiani… e costui vorrebbero imporcelo ad ogni costo come primo presidente della Repubblica!

Lo sforzo cocciuto con cui il gruppo dirigente d.c. mira al dominio assoluto non potrebbe essere più evidente. Non c’è italiano il quale non pensi che gli interessi generali della Nazione esigono che alla suprema carica della Repubblica sia eletto un uomo il quale goda la fiducia più larga possibile, anche da parte dell’opposizione. È evidente che questo è necessario soprattutto dopo una lotta elettorale così accanita come quella che è finita il 18 aprile. È evidente che questo è necessario nelle gravi condizioni in cui si trova ancora il nostro Paese, il quale deve affrontare i problemi della sua ricostruzione interna e quelli della sua posizione internazionale. È evidente che questa è la condizione prima per un corretto funzionamento del sistema parlamentare, perché si abbia il diritto di chiedere all’opposizione il rispetto delle norme costituzionali. I dirigenti d.c. non vogliono. Essi in realtà non hanno alcuna intenzione di governare nei limiti della costituzione e del parlamento. Essi non hanno alcuna cura degli interessi generali del paese. Un presidente al di sopra dei partiti, un presidente che possa anche pensare di frenare il loro potere? Ma no! essi vogliono un presidente che obbedisca supinamente al Vaticano ed a Wall Street.

Se vi riuscirà è stamane ancora incerto. È vero che l’on. De Gasperi sembra deciso ad accontentarsi di una vittoria di stretta misura e che per l’ambizione di Sforza dieci voti di maggioranza sono più che sufficienti. Ma è vero anche che può ancora il parlamento italiano sentire e ribellarsi all’offesa che si vuole infliggere alla sua dignità, all’onore ed agli interessi del paese.

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Dichiarazione di Togliatti sugli sviluppi della situazione

Abbiamo chiesto a Togliatti la sua opinione su tali sviluppi e sulle voci di un ritiro della candidatura di Sforza per realizzare una votazione a base molto larga. Togliatti ci ha così risposto:

«Io non posso fare nessuna dichiarazione a nome del Fronte Democratico. Posso manifestare il pensiero mio, quale del resto già è stato da me espresso nella giornata di ieri ad autorevoli parlamentari di altri partiti. L’elezione di un Presidente con scarsissima maggioranza indebolisce il regime repubblicano, e nessun buon repubblicano può desiderarla. D’altra parte ritengo assurdo il metodo che finora si è seguito, escludendo quasi in linea di principio il contatto e l’intesa tra il partito che dirige il Governo e quel partiti che non vi partecipano. Questo è un modo assai pericoloso di spezzare in due il Parlamento su una questione come quella della elezione del Presidente dove invece sarebbero necessari il contatto e l’intesa reciproca, nell’intento dl trovare l’uomo che a tutti si presenti con l’autorità e con le qualità necessarie. Da parte nostra non vi è stato finora, né vi può essere, un preconcetto irrigidimento sull’una o sull’altra candidatura. Per la ricerca di una candidatura di unità e di concordia siamo disposti a fare quanto il Paese ha diritto di attendersi da tutti».

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La cronaca

Cinque ore di votazione nell’aula di Montecitorio

De Nicola in maggioranza al primo scrutinio

Per chi amasse le cerimonie solenni certo ieri era un bel vedere quando, alle 10 precise, si è iniziata a Montecitorio la votazione per l’elezione del presidente della Repubblica: , meglio, la lotta di De Gasperi per imporre a un’assemblea riluttante – financo in buona parte dei componenti il partito maggiore – di eleggere alla massima carica della Repubblica un uomo screditato e senza dignità, servo riconosciuto dello straniero.

La sala ha un aspetto veramente imponente: gremita come è di deputati e senatori – 868 per la storia – che la stipavano in tutti gli ordini di posti.

Mancano pochi minuti alle 10 quando la seduta si inizia con la entrata dei due presidenti delle assemblee, le quali – a norma della costituzione – si riuniscono insieme per deliberare sull’elezione del presidente della Repubblica. Bonomi e Gronchi procedono ciascuno preceduto da un valletto e seguito da un funzionario della Presidenza della camera. Sono due piccoli cortei che, all’inizio dell’ emiciclo, si dividono: quello di Gronchi procede verso il banco della Presidenza, quello di Bonomi verso il tavolo A Ferro di cavallo delle commissioni, dove una poltrona speciale è stata approntata per i suoi vicepresidenti che sono ad attenderlo.

Pochi minuti dopo si inizia la seduta: i segretari procedono alla chiama. Prima i deputati e poi i senatori si alzano, mano a mano che il segretario li chiamerà, dai loro posti e si dirigeranno verso l’urna per deporvi il voto.

De Nicola o Sforza?

Le votazioni sono appena iniziate che già la ridda delle congetture comincia: De Nicola o Sforza? Si sapeva che il Fronte, i liberali e i saragattiani avevano deciso di votare per Enrico De Nicola. Si sapeva anche che De Gasperi era riuscito a strappare i suoi – dopo una notte di discussione e sul fare dell’alba – la promessa che il gruppo democristiano disciplinato avrebbe votato per Sforza (veramente la promessa De Gasperi non l’aveva ottenuta dal gruppo ma dalla Direzione del Partito e dai comitati direttivi dei Gruppi, chiusi con lui in una saletta). Da che dipende l’ostinazione di De Gasperi a mandare avanti con tanta insistenza un nome che gode di così poca stima? ci si domandava nei corridoi. E la risposta veniva sussurrato in un soffio con l’enunciazione di un semplice cognome: “Dunn”. Si diceva che De Gasperi aveva fatto un accenno in tal senso persino in una riunione – quella quasi clandestina tenuta nella nottata – dei dirigenti del partito. L’Ambasciatore americano, nel frattempo, si sporgeva dalla tribuna riservata ai diplomatici per sogguardarsi compiaciuto la “palude” che avrebbe dovuto mettere in pratica i suoi “suggerimenti”.

La ridda delle supposizioni si fa sempre più forte: De Nicola o Sforza? Il primo deputato – è il compagno Mario Alicata – depone la sua scheda. Tocca poi al giovinetto principino Alliata di Montereale, monarchico meridionale, che con gesto capricciosetto risponde “mi astengo” e straccia con fare nervoso la scheda delle votazioni. È un insulto grave all’Assemblea e alla Repubblica. La sinistra insorge vigorosamente. Il presidente si unisce autorevolmente ai rimproveri e deplora lo stolto e scorretto parlamentare. L’intervento di Gronchi viene salutato da applausi altissimi che si levano da tutti i settori. Tutto il Parlamento, in piedi, applaude e acclama alla Repubblica. Restano seduti soltanto 14 deputati senatori monarchici. essi tentano un acclamazione alla monarchia, ma presto tacciono: alla fine, uno per uno, finiscono per abbandonare l’aula.

La votazione si prolunga per più di un’ora: uno a uno i deputati e i senatori sfilano davanti all’urna. Il decano del Parlamento, l’ottantenne Vittorio Emanuele Orlando, che raggiunge il luogo delle votazioni con una giovanile corsa, viene salutato dagli applausi dei presenti.

Sono le 11 e 30 circa, quando Gronchi dichiara chiusa la votazione e da inizio allo spoglio pubblico delle schede. La prima scheda spogliata reca il nome di “Sforza”, poi “De Nicola”, “scheda bianca”, “De Nicola”, “De Nicola”… I deputati appuntano ogni voto e comincia l’appassionante derby presidenziale. La voce lenta di Gronchi scandisce i nomi dei preferiti: i punti si assommano i punti. De Nicola acquista subito leggero vantaggio che manterrà sino alla fine. Lo scrutinio degli ultimi voti gli darà poi un ampio margine.

Alle 13 e 45, mentre nell’aula si fa un silenzio di tomba, Gronchi annuncia il risultato della votazione:

Presenti: 868

Astenuti: 15

Votanti: 853

Maggioranza di 2/3 sui 900 membri del Parlamento necessaria (perché l’elezione avvenga primo scrutinio): 600

De Nicola: 396

Sforza: 353

Einaudi: 20

Facchinetti: 10

Bonomi: 10

Casati: 5

Voti dispersi: 2

Nulli: 1

La maggioranza di due terzi non è stata raggiunta e la votazione si ripeterà nel pomeriggio. De Nicola, però, è riuscito largamente primo e ha superato il Conte americano per 43 voti.

La sinistra non appena viene annunciato il numero dei voti che De Nicola ha ricevuto, si alza e applaude con forza. A essa si associano i liberali e gli indipendenti. Nitti, Bonomi, Orlando e Porzio applaudono, in piedi, anch’essi. Saragat si alza dal banco del governo – è il solo fra i ministri a compiere questo atto di cortesia e deferenza verso Enrico De Nicola – e applaude. I deputati democristiani, isolati nettamente nell’assemblea, vorrebbero opporsi all’atto di omaggio De Nicola, ma la forza dell’applauso li travolge. Si leva un grido: «Viva la Repubblica! Viva De Nicola!». La manifestazione si prolunga per circa cinque minuti. Torna la calma, il Presidente legge il nome di Sforza: dall’aula si levano, potenti, numerosi fischi.

Gli incontri del pomeriggio

Sono le 12 e 45: dopo due ore e 45 minuti, Dedicate alla votazione e allo spoglio la seduta è tolta: i deputati e i senatori si disperdono nel transatlantico commentando vivacemente l’esito della votazione, che appare fortemente negativa per la persona dell’on. De Gasperi e per il suo candidato. Basta dare un’occhiata ai risultati delle votazioni per convincersene. Dai 453 democristiani che hanno partecipato alla votazione Sforza ha ottenuto solo 353 voti. Più di cento d.c. One votato scheda bianca o hanno dato il loro voto di Nicola o a altri parlamentari. Persino i repubblicani hanno avuto ripugnanza a votare per il loro candidato e, nel segreto dell’urna, 10 su 15 repubblicani presenti hanno preferito dare il loro voto a Facchinetti. Il gruppo democratico cristiano è rimasto isolato e, sotto la pressione dell’opinione pubblica, ha trovato nel suo seno 105 ribelli (i voti d.c. dati a Sforza sono in effetti, data la presenza di 5 repubblicani fedeli a Pacciardi, soltanto 348).

Si sparge subito la voce che De Gasperi è furibondo: infatti egli decide immediatamente la convocazione del Gruppo Parlamentare per dire ai suoi deputati e senatori tutto il male che pensa di loro. L’onorevole Saragat interviene a questo punto per fare la parte del conciliatore e si incontra successivamente con De Gasperi, Togliatti e Nenni, per proporre una votazione unanime sul nome dell’on, Ivanoe Bonomi.

De Gasperi da pochi affidamenti, ma promette di far sapere qualche cosa nel pomeriggio. L’on. Gronchi, accostato dal compagno Nenni, dichiara di presumere che la seconda votazione non possa avvenire che nelle posizioni in cui è avvenuta la prima.

Nei corridoi i colloqui si succedono ai colloqui: taluni parlamentari illustri tentano di convincere i democristiani a prendere accordi con altri gruppi.

Ma De Gasperi, fermo nella sua intolleranza, sdegna di prendere contatti con chicchessia: vuole con un colpo di maggioranza eleggere il suo uomo. Benedetto Croce si incontra nel transatlantico con il compagno Togliatti e con Terracini: altri colloqui hanno luogo fra uomini politici delle diverse tendenze.

Nelle prime ore del pomeriggio malgrado mancassero ancora tre ore all’inizio della seduta pomeridiana fissata per le 18, Montecitorio è di nuovo gremito. Croce giunto verso le 15, si è incontrato, secondo quanto riferito ieri la stampa della sera, con il Presidente del Consiglio, allo scopo di convincerlo ad addivenire a un accordo con gli altri gruppi. Accordo necessario al fine di ottenere una larga maggioranza, che non lasci dubbi sul carattere nazionale e non di parte che deve assumere la carica di Presidente della Repubblica. Croce ha poi detto De Gasperi che, secondo una sua personale impressione suffragata però dai colloqui numerosi che aveva avuto nel corso della mattinata, i nomi di Bonomi o di Casati avrebbero potuto raccogliere una larga messe di suffragi.

Il “no” a Croce

La risposta di De Gasperi – secondo la stampa di ieri sera che la aveva accolta da fonte attendibile – è stata degna in tutto e per tutto di un piccolo, fazioso Mussolini: “Non voglio né l’uno né l’altro. Non voglio che si ripeta quanto è accaduto con De Nicola. Voglio un uomo che faccia quello che gli dico io”. Sembra che la risposta di De Gasperi abbia portato ad una rottura brusca del colloquio.

Alle 16 aveva inizio, in un’atmosfera funeraria, la seduta del Gruppo democristiano. De Gasperi, che appariva furibondo, esordiva con piglio estremamente violento: – Credevo di avere puntati contro di me solo i cannoni dell’opposizione. Mi accorgo ora di avere anche dei cannoni puntati contro le mie spalle – .

Seguiva un discorso violento ancor più dell’esordio, in cui i fulmini divini venivano minacciati a chi non si fosse acconciato agli ordini di scuderia e fedelmente non li avesse eseguiti.

« È necessario, concludeva De Gasperi, che dopo la brutta figura di stamane, ci sia sul nome di Sforza una manifestazione di forza».

Minacciati nel loro mandato e terrorizzati molti dei ribelli si apprestavano a piegare la testa. Altrettanto facevano quei repubblicani storici, che avevano votato per Facchinetti.

così alle 18, in questa atmosfera di ricatti e di imposizioni, si iniziava la seconda seduta. Di nuovo la appassionante votazione. Di nuovo l’alternarsi dei nomi sulle labbra del Presidente che spogliava le schede. Alle 20 e 30 i risultati:

Presenti 867

Astenuti 9

Votanti 858

Sforza 405

De Nicola 336

Pierraccini 49

Einaudi 16

Facchinetti 3

Bonomi 1

Schede bianche 10

Nulle 3

L’esame di questi risultati, anche se rappresentano un passo avanti per Sforza, non è affatto tranquillizzante per il Cancelliere. Questa volta i democristiani che hanno votato per Sforza sono esattamente 392, i ribelli sono diminuiti, ma sono sempre parecchi: 61. Sforza ha preso sì 405 voti, ma i suoi avversari hanno raccolto 450 voti. La diminuzione dei voti De Nicola deve imputarsi al fatto che i saragattiani anno distolto i voti da De Nicola per concentrarvi – come avevano stabilito di fare seconda votazione- su Pieraccini.