L’UNITA’ E LA COSTITUZIONE

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L’UNITA’ E LA COSTITUZIONE

L’approvazione della Costituzione della Repubblica Italiana sull’organo del Partito Comunista Italiano

Martedì 23 dicembre 1947 – Anno XXIV (Nuova Serie)      N. 300 – Una copia L. 15 – Arretrata L. 18

Vigili ora il Popolo perché le riforme sancite divengano realtà!

LA COSTITUZIONE ANTIFASCISTA E REPUBBLICANA APPROVATA IN UNA STORICA SEDUTA ALLA COSTITUENTE

Il saluto dell’Assemblea al 1° Presidente della Repubblica – Il discorso di Terracini

IL CAMPANONE DI MONTECITORIO HA SALUTATO LA NUOVA CARTA

Con 458 voti favorevoli e 62 contrari l’Assemblea Costituente ha ieri approvato con imponente maggioranza la Carta Costituzionale della Repubblica Italiana. Il risulto della votazione è stato proclamalo con voce commossa alle 18,35, dal Presidente Terracinl; mentre nella piazza dl Montecitorio. affollata di cittadini, risuonavano rintocchi del campanone sito sulla torre del Parlamento.

La storica seduta ha avuto inizio alle 17 e 10. L’aula era gremita di deputati. Anche le tribune, da quella della stampa a quella del Corpo diplomatico, erano affollate come non mai. Nei giro delle tribune una macchia dl rosso vivo: gruppo di garibaldini delle Argonne in divisa.

All’inizio della seduta la Commissione dei 18, al completo, prende posto al banco riservatole. Subito RUINI si leva in piedi e con parole di circostanza rimette solennemente della mani del Presidente il testo definitivo della Costituzione.

L’assemblea in piedi applaude lungamente, mentre dalla tribuna i garibaldini intonano l’«Inno di Mameli», trascinando nel canto i deputati.

Si inizia quindi la votazione a scrutinio segreto per appello nominale.

Vota anche il compagno Terracini: un grande unanime applauso dell’assemblea lo saluta mentre depone nell’urna il proprio voto. Unico a non votare è l’on. Caronia.

Alle 18 e 35, come abbiamo già detto, i risultati della votazione vengono comunicati all’Assemblea e attraverso la radio al popolo italiano.

L’assemblea applaude nuovamente, mentre da più parti si leva il grido di «Viva la Repubblica» e di nuovo solenne il canto dell’«Inno di Mameli».

Prende quindi la parola il compagno Terracini, seguito dal rispettoso silenzio dei deputati che si levano tutti in piedi. Giunge nell’aula l’eco smorzato del campanone che suona a distesa.

Il discorso di Terracini

Egli esprime innanzitutto la commozione provata nell‘annunziare il risultato della votazione che riassume il significato di tutti gli atti di volontà compiute dall’Assemblea confermandoli definitivamente come legge fondamentale di tutto il popolo italiano.

« Ed io credo di poter avvertire attorno a noi oggi di quest’ultimo l’interesse fervido e il plauso consapevole e soddisfatto. Si può ora dirlo: vi è stato un momento dopo i primi accesi entusiasmi, nutriti forse di attese non commisurate alle condizioni storicamente maturate ed in loro relazione, vi è stato un momento nel quale come una parete di gelida indifferenza minacciava di levarsi fra questo consesso e le masse popolari. E uomini e gruppi già ricacciati al margine della nostra società nazionale dalla prorompente libertà – detriti del regime crollato o torbidi avventurieri di ogni congiuntura – alacremente, e forse godendo troppa impunità, si erano dati ad approfondire il distacco, ricoprendo di contumelie, di calunnie, di accuse e di sospetti questo istituto, emblema e cuore della restaurata democrazia».

Terracini ricorda qui il lavoro compiuto dall’Assemblea: 346 sedute delle quali 289 di carattere costituzionale; 1644 emendamenti che furono presentati sui 140 articoli del progetto di costituzione; 1090 interventi in discussione da parte 275 oratori; 43 appelli nominali e 103 scrutini segreti; 36 ordini del giorno portati; oltre al lavoro legislativo e di controllo sul Governo.

«Molta parte del popolo italiano – prosegue Terracini – avrebbe voluto dall’Assemblea costituente qualcos’altro ancora. I più miseri, coloro che conoscono la vana attesa estenuante di un lavoro in cui prodigare le proprie forze creatrici e da cui trarre i mezzi di vita; coloro che, avendo lavorato per un’intera vita, fatti inabili dall’età, dalla fatica, dalle privazioni, ancora inutilmente aspettano dalla solidarietà nazionale una modesta garanzia contro il bisogno; coloro che frustano i loro giorni in una fatica senza prospettiva, chiudendo ad ogni sera un bilancio senza residui, utensili pensanti e dotati d’anima di un qualche gelido mostruoso apparato meccanico, o forze brute di lavoro su terre estranee e perciò stesso ostili: essi si attendevano tutti che l’Assemblea esaudisse le loro ardenti aspirazioni, memori come erano di parole proclamate e riecheggiate.

Noi lo sappiamo, oggi, che ciò avrebbe superato le nostre possibilità. Ma noi sappiamo di avere posto, nella Costituzione, altre parole che impegnano inderogabilmente la Repubblica a non ignorare più quelle attese, ad applicarsi risolutamente all’apprestamento degli strumenti giuridici atti a soddisfarle. La Costituzione postula, senza equivoci, le riforme che il popolo italiano, in composta fiducia, rivendica. Mancare all’impegno sarebbe nello stesso tempo violare la Costituzione e compromettere, forse definitivamente, l’avvenire della Nazione italiana».

Saluto ai partigiani

«Con voi m’inchino reverente alla memoria di quelli che, cadendo nella lotta contro il fascismo e contro i tedeschi, pagarono per tutto il popolo italiano il tragico e generoso prezzo di sangue per la nostra libertà e per la nostra indipendenza; con voi inneggio ai tempi nuovi cui, col nostro voto, abbiamo aperto la strada per un loro legittimo affermarsi.

Viva la Repubblica democratica italiana, libera, pacifica ed indipendente»

Il discorso del compagno Terracini viene salutato da prolungati unanimi applausi dell’Assemblea.

Il presidente da quindi lettura di un messaggio del Capo Provvisorio dello Stato, che in quel momento stesso, come nota il compagno Terracini, assumeva le prerogative e il titolo di presidente della Repubblica.

«La ringrazio vivamente, illustre Presidente – dice il messaggio – di avermi comunicato con cortese sollecitudine l’approvazione della Costituzione della Repubblica italiana. Il mio pensiero, reverente e devoto, si rivolge in questo momento di sincera commozione, all’assemblea costituente – che sotto la sua incomparabile e indimenticabile Presidenza – ha compiuto un lavoro di cui gli storici daranno certamente un giudizio sereno che onorerà il nostro paese per la profondità delle indagini compiute, per l’altezza dei dibattiti svoltisi, per lo zelo coscienzioso costantemente osservato nella ricerca delle soluzioni più democratiche e nella formulazione rigorosamente tecnica dei principi fondamentali e delle specifiche norme costituzionali; e all’Italia nostra, amata e martoriata, che dalle sventure sofferte e dai sacrifici affrontati saprà trarre ancora una volta, nella concordia degli intenti e delle opere dei suoi figli, le energie necessarie per il suo sicuro avvenire, offrendo al mondo un nuovo esempio di eroiche virtù civili e un nuovo incitamento al progresso sociale.

F.to: ENRICO DE NICOLA».

La lettura del messaggio augurale di De Nicola provoca una nuova entusiastica manifestazione di affetto da parte dei deputati verso il Capo dello Stato.

A questo punto l’on. DE GASPERI – che con poco senso della prassi consuetudinaria della Costituente aveva sentito il bisogno, pur dopo aver costantemente disertati lavori costituzionali, di assidersi al banco del Governo seguito da tutti i ministri compresi quelli che non fanno parte dell’assemblea – si alza in piedi per pronunciare un breve discorsetto.

E’ la volta del decano dell’Assemblea : l’on. VITTORIO

EMANUELE ORLANDO. Egli dichiara di parlare come estremo rappresentante di « quelle tre generazioni che fecero l’Italia» e in questa veste saluta la fine dei lavori di quella Costituente che ha dato l’ordinamento costituzionale alla nuova Italia. Ciò premesso l’on. Orlando rivolge un saluto al Presidente della Repubblica e al Presidente della Costituente, per il quale egli ha parole affettuose di sincera ammirazione. Orlando rimprovera scherzosamente a Terracini di avergli dato una delusione: era, infatti, sua convinzione che parlamentari si dovesse diventare attraverso la esperienza. Terracini invece – che certo, nota l’oratore, non ha passato gli ultimi anni della sua gloriosa vita nelle aule universitarie o in quelle parlamentari -gli ha dimostrato di essere un « Presidente nato ». L’oratore si riallaccia col pensiero al 1848 col cui centenario coincide la omologazione della Costituzione e dopo aver affermato che mai verrà meno negli italiani il sentimento della Patria, della sua indipendenza e della sua libertà conclude tra gli applausi dell’Assemblea col grido di «Viva l’Italia». Sono le 19 e 30. La seduta è tolta.

NELL’ATTO Dl APPROVARE LA COSTITUZIONE – Un’amnistia per i reati politici auspicata dalla Costituente

Nella mattinata di ieri l’on. RUINI. presidente del Comitato di coordinamento, aveva riferito alla Assemblea sui lavori di revisione condotti dal Comitato sul testo originario. Dopo breve discussione lo accordo viene raggiunto su tutte le questioni controverse. Ma l’on. LA PIRA propone che il testo costituzionale sia preceduto dalla formula «In nome di Dio il popolo italiano si dà la presente Costituzione». Sulla proposta prende la parola il compagno TOGLIATTI il quale ricorda di essere venuto alla seduta nella convinzione di dover compiere un atto di unità, scartando cioè ogni mozione che potesse dividere gli animi. Togliatti prega, pertanto, l’on. La Pira di ritirare la sua proposta, perché se si dovesse passare alla discussione la unità dell’Assemblea verrebbe infranta c all’ultimo momento si scaverebbe un solco ideologico e morale fra i diversi settori

Il PRESIDENTE dal canto suo, fa notare all’on. Da Pira che la proposta da lui presentata non può essere presa in considerazione, perché la questione se debba o no la Costituzione avere un preambolo è già stata risolta all’unanimità in senso negativo. Visto che anche NITTI si oppone al preambolo l’on. LA PIRA si rende conto dell’inopportunità della sua proposta e la ritira.

A questo punto il Presidente comunica che la Commissione parlamentare di indagine sulle accuse di collaborazionismo con i tedeschi mosse all’on. Chieffi, ha terminato i suoi lavori. Sono state presentate due relazioni una di maggioranza ed una di minoranza. La maggioranza democristiana, valendosi dell’ausilio dei suoi recenti alleati governativi, riesce ad imporre che venga letta soltanto la relazione di maggioranza, assolutoria naturalmente nei confronti dell’on. Chieffi.

Domenica l’Assemblea ha tenuto due sedute per completare l’esame della legge elettorale, che veniva approvata.

Alla fine della seduta pomeridiana. vengono presentati vari ordini del giorno per la concessione di una amnistia ai condannati per reati politici.

Alcuni democristiani e saragattiani vorrebbero che l’amnistia venisse concessa con formula tale da escludere i partigiani.

Longo e Boldrini smascherano il tentativo e un ordine del giorno concordato con l’on. Gronchi per l’amnistia viene quindi approvato dall’Assemblea.

« L’Assemblea Costituente – dice l’o.d.g. – nell’atto in cui approva la Costituzione della Repubblica, sicura di interpretare l’unanime sentimento degli italiani auspica provvedimenti di clemenza per i reati politici con particolare riguardo ai reati il cui movente si ricollega allo spirito della lotta di liberazione nazionale e per quelli ad essi connessi».

Prima della fine della seduta la Assemblea, su proposta dei compagni Longo e Maffi, delibera che il 2 giugno venga proclamata festa nazionale della Repubblica Italiana.